Il tanto atteso ospite nazionale sorteggiato per la Sezione di Piacenza è venuto a trovarci nella prima riunione dell’anno e di fronte alla sala gremita di associati, di ospiti delle sezioni limitrofe, al componente del Comitato Nazionale Michele Conti, all’ex componente Erio Iori, a Renato Faverani componente CAN PRO e ad alcuni rappresentanti del Comitato Regionale, ha tenuto un’esemplare lezione tecnica.
Grazie alla sua abile eloquenza e alla sue competenze tecniche, Danilo Giannoccaro ha saputo rapire l’attenzione di tutti i presenti raccontando del gruppo arbitri CAN PRO del quale ne è Responsabile, proiettando alcuni video dimostrativi e donando diversi spunti di riflessione su come essere arbitri e vincere le partite. Danilo ha sottolineato l’utilità di queste iniziative organizzate dall’Associazione che permettono agli associati di tutte le Sezioni d’Italia di entrare in contatto con arbitri della CAN A e B, internazionali e dirigenti arbitrali, i quali possono raccontare il loro percorso e dispensare consigli grazie alla loro esperienza. E così ha fatto anche lui lo scorso venerdì 19 gennaio presso il Salone del CONI a Piacenza.
Senza microfono e con la sua energica voce si è mosso tra i presenti catturando l’interesse di tutti, ribadendo quanto sia formativa la nostra Associazione: “L’AIA è una palestra di vita che forma figure con caratteristiche distintive che anche all’esterno vengono riconosciute”. Tutti sanno che l’arbitro è una persona integra, precisa, dotata di autocontrollo. Rivolgendosi ai più giovani: “Siete più fortunati dei vostri coetanei. Dopo ogni partita uscite arricchiti!”. Perché ogni gara ti porta ad affrontare una difficoltà nuova tutte le volte, ti permette di crescere e fare esperienze formative che al di fuori è raro trovare.
Danilo ha anticipato la curiosità di chi si chiedeva come si arriva ai livelli più alti, come si può arbitrare per tanti anni al top e come si può emergere. Basta sapere il regolamento a menadito e superare i test? Non è sufficiente, afferma Danilo. Sono tre i pilastri che fanno le fondamenta per arbitrare: la conoscenza regolamentare; la preparazione atletico-tattica e, soprattutto, il terzo aspetto che completa un arbitro è la testa, quell’intelligenza arbitrale, quella freschezza e furbizia che ti portano a intuire e a prevedere gli eventi. “Usate la testa… Ragionate!” è l’esortazione che fa a tutti. Inoltre, come insegna il paradosso di Murphy tanto caro a Danilo, “se qualcosa può andar male, lo farà. Noi dobbiamo essere preparati e captare tutto come un radar per non perdere nulla”.
Ma è veramente tutto qua? Non proprio… un altro segreto svelato dal nostro ospite è l’avere fame e voler aspirare. “Se qualcuno si accontenta, ci sarà qualcun altro che avrà più voglia, si metterà in gioco e andrà avanti”. Il consiglio è di frequentare la sezione, di confrontarsi, condividere gli errori e fare propri quelli degli altri. “Nell’arbitraggio si arriva a crescere sugli sbagli fatti, senza fermarsi a leccare le ferite ma costruendo sulle cicatrici che ci hanno segnato”.
Perché le cicatrici che porti sono il segno che combatti.
Perché gli errori che facciamo sono le ferite sulle quali costruire.
Laura Cordani – 30/01/2018